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melegattisculturapandoroveronaVerona è una delle capitali dei dolci natalizi, in particolari è tradizionalmente considerata la città del pandoro. A tale proposito, girovagando per il centro con il naso all'insù, è possibile imbattersi nei pandori forse più curiosi della città: i pandori di pietra!

Basta percorrere corso Porta Borsari e, arrivati al numero 21, fermarsi di fronte a un palazzo di fine Ottocento e sollevare lo sguardo, in alto, in alto ed eccoli lì! Si tratta, in effetti, dell'antica sede della pasticceria Melegatti dove, nel 1894, sarebbe nato il pandoro.

Oggi il negozio non c'è più, ma la vecchia insegna è ancora lì, come pure i pandori di pietra e, svoltando l'angolo nel vicolo Corticella San Marco, i gatti e le mele, ovviamente di pietra!


pandoriverona


Domenico Melegatti, figlio del pasticciere Pietro, quel dolce lo fa brevettare e così il 14 ottobre 1894 riceve un Certificato di Privativa Industriale dal Ministero di Agricoltura Industria e Commercio del Regno d'Italia che decreta che da quel momento il pandoro è suo. ll brevetto del pandoro venne conferito per averne inventato il nome, la forma e la ricetta. Il dolce ebbe fin da subito una folta schiera di imitatori, al punto che il fondatore si trovò costretto a lanciare la famosa “sfida delle 1000 lire”: Domenico Melegatti invitò i pasticcieri che producevano un dolce simile al suo a divulgare la vera ricetta del Pandoro, mettendo in palio la somma di 1000 lire. Nessun pasticciere si presentò.


Inventato dunque nel 1894, il pandoro affonda le radici in un'antica tradizione natalizia della città di Verona: un tempo, la notte della Vigilia, le donne veronesi si riunivano per realizzare il "levà", un impasto di farina, latte e lieviti. Domenico Melegatti rinnova questa ricetta togliendo le mandorle e i granelli di zucchero, che considerava controproducenti per la lievitazione, e aggiungendo alla ricetta originaria quantità maggiori di burro e uova. L’impasto così realizzato richiede oltre 10 ore di lievitazione e 6-7 cicli di impasto, per un totale di circa 36 ore di lavorazione.
Una volta realizzato il primo pandoro, Domenico Melegatti "avverte la benevola e numerosissima clientela di aver creato un nuovo dolce", e leggenda vuole che l’origine del nome derivi dall'esclamazione di un garzone che, vedendo una fetta del dolce illuminata dal sole, avrebbe esclamato in dialetto "l’è propio un pan de oro!".
Mentre al giorno d'oggi è considerato un tipico dolce natalizio, in origine il pandoro era però considerato un dolce che poteva essere mangiato durante tutto l’anno, in particolare la domenica e in altri giorni di festa.

Sull’origine del pandoro le idee e le ipotesi sono molteplici e non del tutto chiarite. Forse proviene dalla tradizione dei dolci di corte nella Vienna degli Asburgo, o dal pan de oro del Rinascimento veneziano, quando era uso offrire cibi ricoperti di foglie d'oro zecchino. O più semplicemente è l’evoluzione di un altro celebre dolce veronese, il nadalin, un dolce a forma di stella, basso e ricoperto di mandorle tostate e pinoli, secondo la leggenda frutto dell’errore del solito pasticciere distratto, che avrebbe messo l’impasto del nadalin in uno stampo da budino e lo avrebbe fatto lievitare troppo. E mentre il pandoro ha preso la strada dell’industria dolciaria, il nadalin ancora oggi viene preparato artigianalmente, tre giorni di lavorazione e lievitazione, almeno quattro reimpasti. Il vero dolce delle feste dei veronesi «de soca», come dicono qui.

Questo è il periodo giusto per assaggi sul posto e per stabilire se si è per il nadalin o per il pandoro.

Di sicuro i nostri clienti all'Agriturismo Ca' La Pergola avranno la possibilità, durante queste feste natalizie, di farsi una loro "gustosa" idea sull'argomento!